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Calcio, Adriano: "Inter resto, prendete Robinho"

Adriano spiega: "A Milano sto bene. Con Real e Chelsea non ho voluto parlare. Quel giocatore è un fenomeno".



BUENOS AIRES (Arg), 8 giugno 2005 — Ci sono particolari non trascurabili che danno l’idea esatta del cambiamento. Come questa involontaria sfida della popolarità: a qualche metro di distanza, nel giardino d’inverno dell’albergo che ospita il Brasile, ci sono Ronaldinho, star indiscussa del momento, e Adriano, chiamati a commentare il superclassico del Sud America di questa notte. Beh, la cornice di cronisti attorno a loro ha più o meno la stessa dimensione. Poco più in là capitan Cafu conversa tranquillamente con quattro persone. Dato significativo per Adriano, non sempre ben visto da un’opinione pubblica che ama Ronaldo e spingeva in sua vece per Luis Fabiano o Ricardo Oliveira, più «brasiliani» di lui. Adesso sa che, dalla coppa America in poi, ha pian piano conquistato il cuore della sua gente.
Per questo lui, che la nazionale la sogna di notte, sorride molto e si concede a tutti, col suo modo lento, gentile e mai banale di parlare. Poi accade che a un certo punto, facendo surf tra ondate di telecamere, registratori e taccuini latinoamericani, Adriano si metta a parlare in italiano. Passa qualche secondo prima che si accorga dell’errore. Poi ride e riprende nella sua lingua. Già, l’Italia e l’Inter, altro suo chiodo fisso. Finita l’orgia di domande, si apparta volentieri a parlare in italiano. Non vede l’ora di mandare un messaggio d’amore, e lo fa molto chiaramente. Dice: «A Porto Alegre, prima della partita col Paraguay, sono state travisate le mie parole. Mai detto che se quest’anno non riesco a vincere chiederò all’Inter di andare via. Il discorso era diverso, più ampio. Mi spiace che in Italia siano arrivate queste parole. Soprattutto per Moratti, che mi vuole bene e ci sarà rimasto male».


Che cosa voleva dire?

«Il concetto è questo: io voglio restare a lungo nell’Inter. Sono felice a Milano, ci sono tante persone che mi vogliono bene, non mi vedo con un’altra maglia. So di essere importante per l’Inter. Ma voglio anche vincere: lo scudetto, la Champions...
Per quanto mi riguarda, i soldi non sono tutto, anzi mi interessano poco. Un giocatore non è realizzato se non ottiene qualche trofeo, si sa. Questo sarà un anno importante per me: il Mondiale, il campionato e la coppa con le orecchie. Voglio portare a casa il più possibile. Ma se con l’Inter dovesse andar male, pazienza. Ci riproveremo. Certo, se dopo qualche anno fossimo ancora a secco, allora anche l’Inter capirebbe il mio desiderio di guardare altrove. Ma il mio non era un ultimatum, era uno stimolo, una spinta in più per fare di tutto per vincere».

Facchetti l’ha capito.

«Sì, e lo ringrazio. Lui sa quanto sia attaccato alla maglia. Talmente attaccato che ho fatto un paio di cose che non so quanti altri avrebbero fatto».
Ah, sì? La prima?

«Mi hanno contattato Real Madrid e Chelsea. Volevano parlare con me, volevano sapere se ero interessato a trasferirmi da loro. Ho detto a Gilmar (l’ex portiere della nazionale e ora suo procuratore, ndr) che io non volevo parlare con loro e d’interrompere ogni contatto. Se questa non è la prova che desidero restare a lungo in nerazzurro...».
Eccome se lo è. L’altra cosa?

«Verrò a giocare l’andata della finale di coppa Italia con la Roma. Questo si sa, ma non si sa quanto mi è costato farlo. Sono andato personalmente a chiedere il permesso a Parreira. Ci ho mezzo litigato perché volevo giocarle tutte e due. Lui ne ha concesso una soltanto, la prima, e mi dispiace, perché forse sarà più importante il ritorno. A San Siro poi, davanti ai miei tifosi. Comunque è un grande sacrificio per me lasciare la nazionale. La Confederations cup è un’importante vetrina. Farò un’altra stagione senza vacanze, pazienza. Io voglio giocare, ho bisogno di sfruttare tutte le chance di essere titolare, perché in Brasile sono sempre pronti a spingere per qualcun altro. Come in coppa America: nella gara d’inaugurazione col Perù non ero in forma mentre Luis Fabiano segnò. E subito s’invoco il suo nome. Per fortuna poi mi sono messo a giocare bene e a fare gol e allora sono finito sugli altari. Da lì Parreira mi ha dato fiducia. Gli chiedono spesso perché gioco io e non un altro. E lui risponde che sono determinante, perché sono forte fisicamente e tengo alta la squadra e perché curo anche la parte difensiva».

Parole che le piacerebbe sentire anche da Mancini. Come va il rapporto con il tecnico?

«Adesso bene. Avevamo litigato, ma sono cose che succedono tra un giocatore e un allenatore. Quando mi ha messo in panchina nel derby mi ha fatto arrabbiare molto. Ci siamo chiariti, lui sa che io mi sento responsabile per l’Inter, che voglio sempre dare il massimo. Io ho capito lui, spero che lui abbia capito me».

Questo doppio impegno delle qualificazioni mondiali è cominciato nel migliore dei modi:4-1 al Paraguay. Come si è trovato con Robinho ?

«Benissimo, siamo la coppia ideale: io potente e lui velocissimo. Ho parlato con lui del suo futuro, non ha voluto dirmi nulla, ma so che vuole lasciare il Santos e venire in Europa. Beh, se l’Inter è interessata, gli consiglio di correre a prenderlo. Robinho è un fenomeno».

Qualcuno ha detto che il Brasile gioca meglio con lei che con Ronaldo.

Il clan dei suoi sostenitori aumenta...

«Sì, e ne sono felice. Forse perché coi miei movimenti contro il Paraguay ho permesso a Ronaldinho e Robinho di scatenarsi. Gamarra mi stava sempre appiccicato. Così ho creato spazio per gli altri. In quanto a Ronaldo, è sempre il numero uno. Ma non mi accontento più di fargli da riserva».

Ora c’è l’Argentina. Crespo ha detto che siete il dream team. D’accordo?

«Sì, giochiamo molto bene e siamo pieni di talenti, intercambiabili. Tranne Ronaldinho, il massimo: fa giocate eccezionali nei momenti decisivi. Penso che questo potrebbe diventare uno dei Brasile più forti di tutti i tempi. Anche per questo voglio metterci la firma. Come sulle vittorie dell’Inter». (gazzetta.it)

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